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11 Nov

Episodio 17 – To Huawei or not to Huawei? – di Eugeniusz S. Lazowski

INTERNO – PIANO SUPERIORE DELLA BIG HOUSE – SALA ROTONDA

Super Dan e il suo staff stanno discutendo in merito ad una decisione molto importante. Devono decidere infatti se il Dipartimento del Commercio dovrà impedire o meno ai fornitori locali di fare affari con Huawei senza il consenso esplicito del governo.

“Basta!” urla Super Dan esasperato. “Non voglio più vedere quelle scatolette cinesi tra i piedi, chiaro?”

“Chiarissimo!” risponde senza indugio il generale Byjove.

“Passeremo per le armi tutti quelli che ne posseggono uno!”

“Esatto! Passeremo per le armi…ehm…ma no, no, niente armi.”

“Niente armi!” gli fa eco Byjove.

“Ma non voglio più vedere uno di quei giocattoli cinesi in giro, chiaro?”

“Niente giocattoli cinesi, chiaro?” ripete il generale.

“Hanno invaso il paese con i loro prodotti, dobbiamo difendere i nostri prodotti!”

“I nostri prodotti!” ribadisce Byjove.

“Signor Presidente,” cerca di spiegare Bell, “le ripercussioni non saranno solo nazionali, ma potrebbero esserci anche all’estero…”

“Vero.” lo appoggia Blanco. “Alcune nazioni come Giappone e Corea forniscono componenti alla Huawei per i loro prodotti, quindi…”

“Traditori! Tutti traditori della patria!” scatta in piedi il generale.

“Ben detto, generale. O con noi o contro di noi.” afferma deciso Super Dan. “Vedremo da che parte staranno!”

“Da che parte staranno!” gli viene dietro Byjove.

“Signor Presidente,” interviene Wright, “ha pensato bene alle aziende di questi due paesi?”

“No, e sinceramente non me importa un fico secco.”

“La sua visione dell’economia internazionale è da premio nobel.” osserva Moore.

“Ben detto Presidente,” grida Byjove ormai infervorato, “sono tutti sporchi musi gialli!”

“Ama il prossimo tuo come te stesso…” commenta Moore.

“O con noi o contro di noi, ben detto!” lo fiancheggia il generale.

“Esattamente,” prosegue Super Dan, “anche Giappone e Corea dovranno adeguarsi.”

“E se sono contro…Presidente possiamo dichiarargli guerra?”

“Esattamente! Ma no, generale, che cosa mi fa dire…”

“Signor Presidente!” sobbalza Bell già ansioso.

“Niente guerra,” lo tranquillizza il Presidente, “niente armi.”

“Ah no??” è la delusione palese di Byjove.

“Niente armi, ho detto, solo guerra commerciale.”

“Ma che razza di guerra sarebbe, allora?” domanda il militare sconfortato.

“Una guerra fatta da decisioni in campo commerciale,” interviene Moore, “come quella che stiamo cercando di prendere ora, carte bollate, riunioni…”

“Ma che guerra è,” bofonchia Byjove, “questa, la guerra delle dame di carità?”

“Generale,” cerca di calmarlo Bell, “ci sono molti modi di combattere una battaglia, non sempre le armi sono necessarie…”

“Bell,” borbotta Byjove, “lei non è un uomo, lei è un bradipo.”

“Per favore,” cerca di prendere in mano le redini della discussione Blanco, “non perdiamo il punto centrale della questione…”

In quel momento entra a con passo spedito la First Lady Gwendoline senza bussare.

“La carta di credito!”

“Prego??” esclama interdetta Blanco.

“Caro,” dice avanzando verso il marito, “ho dimenticato la carta di credito in camera.”

Tutti si girano verso di lei.

“Orsacchiotto, stavo uscendo, ma mi sono accorta di aver dimenticato la carta di credito, lo sai quanto sono sbadata…”

“Lo sappiamo,” ricorda Moore sarcastico, “lo sappiamo, vero orsacchiotto?”

“Ehm, cara, ma ti sembra il momento?” risponde Super Dan a denti stretti fulminando Moore con lo sguardo, “Stavamo discutendo di una faccenda importante…”

“Si,” bofonchia Byjove, “la guerra delle dame di carità.”

“Non ho capito bene…” chiede la First Lady interdetta.

“Non ci badi, milady,” la rassicura Bell. “se non ci sono invasioni o bombardamenti per il generale non è mai una questione importante.”

“Bell,” replica pronto Byjove, “persino in una sedia a rotelle rotta c’è più spirito combattivo che in lei.”

Gwendoline frattanto si è chinata sul marito, lo sta coccolando e gli sfila abilmente il portafoglio dalla tasca.

“Si, ma un momento, aspetta…” balbetta Super Dan, “cosa ci devi fare?”

“Solo qualche spesuccia, orsacchiotto mio, le solite cose…”

“Una pelliccia, un completo firmato,” mormora Moore con un sorriso, “l’ultimo modello di scarpe…”

Gwendoline, con la carta di credito tra le mani, bacia il marito sulla guancia ed esce.

“Ora scappo, non voglio farti perdere altro tempo, orsacchiotto. Ci vediamo stasera, vedrai che saprò ringraziarti a dovere…”

“Ci vediamo, scoiattolina mia…”

“Orsacchiotti, scoiattoli, e qui seduto un bradipo.” osserva il generale. “Questa stanza è diventata uno zoo.”

“Scusate, possiamo riprendere la discussione?” interviene Blanco. “Si tratta di una decisione importante.”

“Non saprei…” domanda Moore guardando Super Dan, “…possiamo riprendere la discussione, orsacchiotto?”

“Certamente, parlavamo di una eventuale guerra commerciale, e niente più.” ribadisce Bell. “Niente armi.”

“Non sia mai,” lo sferza Byjove, “altrimenti le si alzerebbe troppo la pressione.”

“Signor Presidente, ”insiste Blanco nell’entrare nel vivo della discussione, “dobbiamo decidere se dare al Dipartimento del Commercio l’ordine di impedire ai fornitori locali di fare affari con Huawei senza il consenso esplicito del governo.”

“Certo appunto…il Dipartimento del Commercio…” borbotta Super Dan fingendo falsa sicurezza.

“Signor Presidente,” fa presente Wright, “lei sa che significherebbe bloccare una parte delle attività di molte aziende nazionali.”

“…l’ordine del Dipartimento di impedire…” continua Super Dan smarrito, “ai fornitori…senz’altro.”

“Le ultime conseguenze ricadrebbero sui lavoratori di queste aziende,” sottolinea Bell, “alcuni di loro rischierebbero di perdere il posto di lavoro, capisce signor Presidente? Ed è possibile che ci siano conseguenze negative anche su aziende americane del nostro alleato Donald Trump.”

“…fare affari…” balbetta Super Dan sempre più impacciato, “senza il consenso del governo…ehm…si…”

“Signor Presidente,” domanda Blanco diretta, “capisce la situazione?”

“Ma certo! E…questo consenso…” continua goffamente Super Dan, che serra il mascellone in segno di sicurezza, “esplicito consenso…”

“Signor Presidente…allora?” chiede Blanco, conscia ormai che il suo Presidente ignori la situazione.

“…ma il governo darà o no questo consenso?” conclude Super Dan.

Sono momenti di silenzio assoluto, nessuno si muove, tutti fissano il Presidente.

“Signore…veramente il governo siamo noi.” fa notare Wright.

“Glielo avevo già detto:” consiglia Moore avvilito, “parli lentamente e usi parole semplici.”

“Ma certo!” alza la voce Super Dan cercando di darsi un tono. “Il governo siamo noi! Io sono il Presidente!”

“E mi chiedo ancora perché…” riflette Moore sottovoce.

“Nessuno lo mette in dubbio,” sottolinea Bell, “ma prima di decidere la prego di considerare le ripercussioni soprattutto in oriente, come le ho già detto prima.”

“Oriente?” sbotta il generale. “Ancora con quegli sporchi musi gialli?”

“Generale,” gli suggerisce beffardo Moore, “ha mai pensato di dedicarsi alla carriera diplomatica?”

“Che Dio ce ne scampi…” mormora Bell.

“Mai! Roba da rammolliti, io sono un soldato!”

“Ma perché mai vi preoccupate tanto dell’oriente?” domanda Super Dan sorpreso.

“Forse perché Giappone e Corea del Sud sono nostri alleati?” cerca di spiegare Moore.

“Perché avere due paesi vicino alla Cina nostri alleati ci fa comodo?” insiste il Segretario di Stato Blanco.

“Perché, vista la crescita continua della Cina nei prossimi anni, ci saranno molto utili?” aggiunge Wright.

“Generale,” domanda Moore voltandosi verso Byjove, “lei che ha da dire?”

“Musi gialli? Bombardiamoli.”

“Un momento,” farfuglia Super Dan, “ma non eravamo qui per una guerra commerciale?”

“Certo signor Presidente,” risponde Blanco, “e infatti stiamo discutendo delle sue possibili conseguenze.”

“Non solo delle conseguenze interne,” specifica Wright, “ma anche all’estero…”

“Proprio in oriente,” insiste Bell, “signor Presidente, capisce ora?”

“Certo, capisco, capisco,” replica Super Dan in piena difficoltà, “sono il presidente…e…dunque… lei generale cosa ne pensa?”

“Finiamo il lavoro che abbiamo lasciato a metà!”

Ancora una volta tutti rimangono in silenzio, nessuno capisce cosa voglia dire.

“Generale,” chiede Bell timoroso, “ho quasi paura a chiederlo…ma di che sta parlando?”

“Vietnam, e che altro? Bombardiamolo una volta per tutte!”

“Oddio, lo sapevo!” dice Bell tirando fuori i medicinali dalle tasche.

“Generale, vedo che è rimasto indietro di qualche anno.” si sforza Blanco di spiegare con calma. “Stiamo parlando di una guerra commerciale e delle conseguenze sui nostri alleati orientali…”

“Ah già, quel nanerottolo della Corea del Nord, Mr. Ping Pong.”

“Del Sud, generale, del Sud,” interviene Wright, “i nostri alleati sono del Sud.”

“Vietnam, Corea, Cina!” esplode il generale. “Si può sapere chi dobbiamo bombardare? Perdiana, sono sempre sporchi musi gialli!”

“Oddio, sto male,” boccheggia Bell “i miei sali dove sono?”

“Generale,” lo rimprovera Wright, “ma le sembra il caso di parlare così?”

“Signor Presidente, ha visto cosa succede a lasciare il lavoro a metà?” sbraita Byjove. “Col tempo nascono i problemi. Dovevamo finire di bombardarlo all’epoca.”

“Signori, mi fate capire qualcosa?” li interrompe Super Dan grattandosi il parrucchino.

“E questa sarà dura…” è l’opinione di Moore.

“Prima il Dipartimento del Commercio, poi i fornitori, adesso non ho capito quali conseguenze…”

“Ascolti, Presidente, sono tutte chiacchiere inutili.” lo esorta Byjove. “Un bel bombardamento a tappeto e chiudiamo la faccenda una volta per tutte.”

“La voce della ragione…” interviene Moore.

“E adesso chi dobbiamo bombardare?!?” chiede sconcertato Super Dan.

“Mi sento male, sospendete la seduta,” prega Bell, “vi supplico…”

“Qui non si sospende niente finché non decidiamo chi bombardare!”

“Generale,” cerca di arginarlo Wright, “ma che sta dicendo? Bell sta male…”

“Abbattetelo, coi cavalli si fa così!”

“Generale, qui non si abbatte nessuno e non si bombarda nessuno.” esclama Blanco esasperata. “Lei sta andando fuori dal seminato…” “Seminato? sbotta sbalordito Byjove. “Non sono un giardiniere, sono un soldato!”

“Cosa c’entrano i giardini, adesso?” domanda Super Dan impacciato. “Non stavate parlando dei nostri alleati orientali?”

“Generale, a Natale le regalerò un atlante…” dice Moore.

“Un libro? Puah, roba da invertebrati, lo regali a Bell!”

“Generale,” insiste il tenace Wright, “dobbiamo decidere se i nostri fornitori potranno fare affari con Huawei senza il nostro consenso, lei ha frainteso…”

“Un bel atlante con tante mappe,” prosegue borbottando Moore, “Corea del Nord, Corea del Sud, Giappone, Vietnam, Cina…”

“Coi musi gialli? I nostri fornitori fare affari coi musi gialli? Traditori della patria, io li passo tutti per le armi! Presidente, dica qualcosa!”

“Ecco, io veramente…sono un po’ confuso…”

“Lo ha detto, per la prima volta lo ha detto…” esclama Moore quasi commosso. Poi, alzando gli occhi al cielo: “Grazie o Signore.”

“Per forza il Presidente è un po’ confuso,” riflette Blanco ad alta voce, “il generale sta facendo un gran pasticcio…”

Moore fissa Blanco negli occhi.

“D’accordo, non è solo per questo che il Presidente è un po’ confuso…”

“Esatto, questa situazione è un gran casino,” interviene Byjove, “e in questi casi c’è solo un modo per rimettere in ordine…”

“Sto per vomitare…” si lamenta Bell.

“Abbattete il rammollito!”

“Fuciliamo Bell?!?” salta sulla poltrona esclama Super Dan. “È così che volete risolvere la situazione?!?”

“Certo presidente,” lo sbeffeggia Moore, “e dopo bombarderemo anche la Cina…”

“E così che parla un vero patriota!” approva Byjove, che ignora l’esistenza della parola ironia.

“Signor Presidente, non dia retta al generale,” consiglia Blanco al limite della sopportazione, “se ci sarà, sarà solo una guerra commerciale. Nient’altro.”

“Ma come? E il Vietnam?” continua a provocare Moore.

“Esatto! E il Vietnam? Ce lo siamo scordato?” scoppia Byjove puntualmente. “Bravo Moore, lei sì che è un patriota!”

“Moore per favore…” lo prega Wight.

“E la Corea del Nord?” insiste il Capo di Gabinetto. “Generale, mi meraviglio di lei…”

“Quel nano giallo? Mr. King Kong? Io gli trasformo il suo paese in un mucchietto di sassi!”

“Siamo entrati in guerra con la Corea??” scoppia Super Dan mentre il suo parrucchino si inclina di lato.

“Signor Presidente, la scongiuro, non lo ascolti,” supplica Bell con l’inalatore tra le mani, “dobbiamo solo prendere una decisione su dei prodotti commerciali…”

“L’ectoplasma parla ancora?” ringhia Byjove.

“Ma allora…cosa dobbiamo fare??” domanda Super Dan completamente frastornato.

“Bombardiamoli tutti i musi gialli!” ripete il generale.

Blanco sta per scoppiare, fa un lungo respiro, poi decide di riprovare a spiegare. “Decidere se dare al Dipartimento del Commercio l’ordine di impedire ai fornitori locali di fare affari con Huawei senza il consenso esplicito del governo.”

“Dopo aver valutato tutte le possibili conseguenze…” le dà man forte Wright.

“Conseguenze interne e all’estero,” interviene in suo sostegno Moore, “soprattutto in casa dei nostri alleati asiatici. Senza dimenticare le aziende del nostro buon vicino il Presidente Trump.

“E soprattutto non bombardiamo nessuno.” ribadisce Bell.

“Bell, perché non si è candidato alla presidenza del partito dei pensionati?” replica il generale. “L’avrebbero eletta all’unanimità.”

“D’accordo,” dice Super Dan, tentando di trovare la rotta nel mare di confusione che ondeggia nel suo cervello, “cerchiamo di concludere questa seduta perché mi sta scoppiando la testa.”

Moore si avvicina appena a Blanco per dirle qualcosa, ma lei sottovoce lo anticipa.

“Si, lo so, è il parrucchino troppo stretto, lo so, lo so…”

“Quindi prendiamo una decisione così potrò ritirarmi nel mio appartamento. Non ce la faccio più.”

Blanco allunga la mano, afferra quella di Moore e la stringe forte. “Per favore Moore, niente battute…”

“Allora cosa vogliamo fare?” domanda infine il Presidente.

“Io un‘idea ce l’avrei…” accenna Byjove.

“L’ha esposta molto chiaramente, generale,” lo interrompe Wright, “non c’è bisogno di approfondirla.”

“Si, viste le condizioni di salute di Bell,“ si aggiunge Blanco, “direi che l’ha esposta più che a sufficienza.”

“Se mi fate parlare altri cinque minuti gli do il colpo di grazia.”

“Oddio, ci risiamo…” si lamenta Bell sofferente con l’inalatore.

“Calma, signori, calma.” interviene Moore a fare da paciere. “Pare che il nostro Presidente voglia arrivare al dunque: dobbiamo decidere. Presidente?”

“Se ordiniamo al Dipartimento del Commercio di impedire ai fornitori di fare affari con Huawei senza il nostro consenso, proteggeremo i nostri prodotti?” chiede Super Dan cercando finalmente di comprendere il senso della seduta.

“Come le abbiamo spiegato,” ripete Blanco l’urlo di un esaurimento nervoso, “il discorso è un po’ più complesso…”

“Voglio un si o un no.”

Di nuovo silenzio, gli sguardi si incrociano, i visi rassegnati. Il Presidente non ha afferrato quasi nulla di quanto è stato detto, ormai è chiaro.

“Si.” È la voce stanca di Blanco.

“Si, anche se ci saranno conseguenze negative.” ha la forza di aggiungere Moore.

“Si, ma con le conseguenze esposte prima.” aggiunge Wright.

“È sempre meglio che bombardare la Cina….” sospira Bell con il suo inalatore.

“D’accordo, ho deciso: diamo questo ordine e non se ne parli più.” stabilisce Super Dan. “Non voglio più vedere un cellulare Huawei in tutto il paese, chiaro?”

Blanco con discrezione infila il suo Huawei nella borsetta.

“E se qualcuno ci rimetterà, non importa,” ribadisce il Presidente, “basta che eliminiamo quei giocattoli cinesi dal nostro paese.”

Moore con noncuranza spinge con un dito dentro il taschino il suo Huawei che spuntava fuori.

“Tranquillo signor Presidente, ci penso io.” lo sostiene Byjove. “Vigilerò di persona.”

Uno degli uomini della sicurezza vicino alla porta, occhiali scuri, alza un sopracciglio e lentamente col dito spinge dentro il taschino il suo Huawei.

“E adesso scusate, oggi mi avete fatto scoppiare la testa.” conclude Super Dan, che si alza e se ne va.

“Sembra davvero provato,” si chiede Blanco, “andrà a riposarsi?”

“No, va ad aggiustare il parrucchino,” risponde prontamente Moore, “è lui che è molto provato, si vede.”

Blanco si volta verso il collega con gli occhi sgranati.

“Ha pensato molto, il parrucchino, in quest’ultima ora…”

INTERNO – PIANO SUPERIORE DELLA BIG HOUSE – APPARTAMENTO PRESIDENZIALE – QUELLA SERA.

Super Dan è esausto per la discussione sui prodotti Huawei. La moglie cerca di rasserenarlo.

“Dici che ho preso la decisione giusta oggi? Sai, ad un certo punto non capivo più niente, una tale confusione…”

“Ma certo che hai fatto bene, orsacchiotto mio, gli altri non ti capiscono, sei un incompreso.”

“Incompreso…giusto! Hai ragione, sono un genio incompreso.”

“Riposati, caro, te lo sei meritato. Vado dalla parrucchiera, ci vediamo dopo.”

La moglie gli dà un bacio sulla guancia ed esce.

Gwendoline una volta nel corridoio, si guarda intorno per assicurarsi di essere sola: tira fuori dalla borsetta il suo Huawei e inizia a usarlo.

“Allora: shopping, appuntamento dalla parrucchiera…”

Nello stesso momento, in un altro angolo della Big House, Moore cammina per i corridoi con fare circospetto. Una volta sicuro di essere solo, estrae il suo Huawei dal taschino e inizia a usarlo.

“Dunque, veniamo alle cose serie: gli impegni dei prossimi giorni, riunioni, documenti…”

INTERNO – PIANO SUPERIORE DELLA BIG HOUSE – SALOTTO PRESIDENZIALE – DUE SETTIMANE DOPO.

Super Dan è solo. Bussano alla porta, entra Moore con dei fogli.

“Queste sono le previsioni delle possibili conseguenze della decisione presa dal Dipartimento del Commercio.

Super Dan prende i fogli e li legge fingendo di capire qualcosa. “Ottimo, ottimo…”

“Signor presidente, potrebbe dare un’occhiata all’ultimo foglio?”

“Bene, molto bene…” dice il Presidente sfogliandoli in fretta senza capire nulla.

“Signore, ha visto le cifre?” domanda Moore deluso.

“Ma certo, tutte in ribasso, tutte giù. Stanno crollando, quei musi gialli, visto?”

“Signore, l’ultima “pagina è quella delle nostre piccole aziende legate al marchio Huawei.”

“Ma…ecco…io…ah si??

“Sì signore, vuol dire che tra poco chiuderanno. Piccoli negozi, piccole aziende, quella che viene chiamata microeconomia. Non è un termine, signore, sono persone.”

“Beh…ecco…veramente…beh,” balbetta Super Dan in difficoltà, “qualche sacrificio dobbiamo pure farlo.”

“Certo, signor Presidente, soprattutto se a farlo sono gli altri.”

“Moore, si ricordi che la patria viene prima di ogni altra cosa!”

“Giustissimo!” grida Byjove entrato in quel momento. “La patria innanzi tutto!”

“È arrivato il genio della finanza…” commenta Moore avvilito.

“Visto? Anche il generale è d’accordo con me!”

“Ma certo, il Presidente ha ragione. Il suolo patrio è sacro! Guai a chi lo tocca!”

“Generale, qui nessuno tocca niente.”

“Dobbiamo difendere il nostro paese da ogni genere di attacco!” declama Super Dan.

“Sempre in prima linea contro gli invasori!” lo appoggia il generale.

“E nessuno invade niente.” chiarisce Moore.

“Ci sono sacrifici che dobbiamo affrontare per il bene del paese!”

“Agli ordini! Anche la morte affronteremo!” proclama Byjove sfoderando la sciabola.

“Qui gli unici che rischiano di morire sono i nostri negozianti, ma di fame…” fa notare Moore.

“Sempre pronti a combattere per la bandiera…i negozianti?!?” si interrompe Byjove stupito.

“Quisquilie…un’invasione è un’invasione.” insiste Super Dan.

“Un’invasione di negozianti?!?” trasecola Byjove.

“Moore, ogni guerra richiede le sue vittime.” asserisce il Presidente.

“Si, ma nessuno di quei negozianti si è arruolato volontario.” sottolinea Moore.

“Ah no? Codardi, ecco cosa sono!” ringhia Byjove.

“Oltre che genio della finanza, vedo che lei è anche un esperto di economia.” osserva Moore.

“Il generale ha ragione,” cerca di difendersi come può Super Dan, “in guerra ci vuole il coraggio di affrontare ogni sacrificio.”

“Senz’altro!” grida Byjove agitando la sciabola. “Nessun sacrificio è mai troppo per la patria!.”

“Assolutamente!” lo sprona Moore.

“Assolutamente!” gli fa eco Byjove.

“Nessun sacrificio è mai troppo per la patria!” prosegue Moore.

“Nessun sacrificio è mai troppo per la patria!” ripete Byjove.

“Anche mandare in mezzo alla strada migliaia di negozianti!” afferma Moore.

“Anche mandare in mezzo alla strada…cosa? Negozianti?!?”

“Dettagli, particolari…” continua a difendersi Super Dan.

“Ma cosa diavolo c’entrano questi negozianti che saltano fuori ogni tanto??” si domanda Byjove esterrefatto.

“Sono le vittime di questa guerra, generale.” gli risponde Moore.

“Cosa? Hanno ucciso dei poveri negozianti indifesi?? Vigliacchi, ve la dovrete vedere con me! Chi è stato?”

Moore con un cenno della testa indica Super Dan.

“Chi?? Lui??”

“Ah, piantatela adesso. In ogni guerra può esserci qualche vittima innocente.” continua a difendersi Super Dan.

“Signor Presidente, lei ha ucciso dei poveri negozianti??”

“Ma no, generale, io non ho ucciso nessuno…”

“Per il momento…” osserva Moore.

“Per il momento??” esclama Byjove.

“Ma tra pochi mesi…”

“Tra pochi mesi il nostro presidente ucciderà i negozianti??” strabuzza gli occhi Byjove.

“Ma no, io non voglio uccidere nessuno. Questa è una guerra commerciale tra noi e loro, tra il nostro paese e Huawei, e se qualche negoziante chiuderà…amen.”

“Guerra commerciale??” continua confuso Byjove.

“Amen. La messa è finita,” commenta acido Moore, “andate tutti in mezzo alla strada.”

“Huawei??” bofonchia Byjove.

“La decisione è stata presa e sta dando i suoi frutti.” insiste cocciuto Super Dan.

“Negozianti sul lastrico, cittadini inutilmente preoccupati che i loro smartphone Huawei presto non funzionino più…” precisa Moore.

“Ah, basta! Non ne posso più di quei cellulari!” sbotta il Presidente.

“Cellulari?? Ma di che diavolo state parlando?” strepita il generale. “E dov’è finita la guerra di prima?”

“È questa, generale, una guerra commerciale con Huawei.” gli spiega Moore. “Sa, ha presente quei simpatici cellulari?”

“Cellulari? E come la vogliono fare la guerra? Invece di sparare ci lanciano contro i cellulari??”

“Si, generale, e noi cerchiamo di colpirli con le mazze da baseball. Chi fa più fuoricampo ha vinto.”

“Ma cos’è questa, una partita di baseball o una guerra?” tuona Byjove. “Non ho tempo da perdere con simili sciocchezze. Cellulari, negozianti…sono un soldato, io! Organizzate pure la vostra partita di baseball tra scapoli e ammogliati, io ho altro da fare.”

Il generale esce dalla stanza con passo deciso.

“Buona lettura, signor Presidente” è l’ultima cosa che dice Moore sulla porta. In quel momento rientra in tutta fretta la First Lady.

“Orsacchiotto, per fortuna che ti ho trovato, non è che potresti ridarmi la tua carta di credito? Ho appena visto dei saldi favolosi…”

“Cosa?? Un’altra volta?? Ma te l’ho già data ieri…”

“Ho sbagliato saluto, signor Presidente,” dice Moore, “avrei dovuto dire buona fortuna.”

“No, aspetti, non se ne vada, Moore, un momento, Moorrreee!!”

Così si conclude la prima seduta in merito ai dazi doganali sui prodotti cinesi del governo del Presidente Daniel Kramp .

Alla settimana prossima. Sigla!

Super Dan
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